Silvio Sangiorgi - Galleria circensi

Circensi

L’atto circense risale a un tempo remoto in cui uomini e donne attraverso virtuosismi acrobatici, lanci di oggetti, equilibri, contorsioni e fiamme sfidavano la natura e la morte. L’immediatezza delle arti circensi mutano la loro natura rituale in spettacolo molto prima del teatro, già nel Neolitico (ca. 10.000-7.000 a.C.) con il nascere delle prime società stanziali basate sull’agricoltura.
Il termine Circus non indicava un luogo circolare, ma ciò cui attorno si girava all’interno dell’ippodromo ovale in occasione dei Ludi circenses. Questi ludi erano preceduti da una processione (pompa circensis) che culminava con sacrifici propiziatori in onore delle divinità e continuavano con corse di carri e di cavalli, salti e acrobazie dei desultores (cavalieri che saltavano in corsa da un cavallo a un altro), lotte a piedi, cacce e molto altro.
Il termine circo nell’accezione contemporanea: complesso mobile nel quale si esibiscono acrobati equestri, clown, animali ammaestrati, giocolieri e molto altro appartiene alla fine del XVIII secolo.

Silvio Sangiorgi - Intestazione galleria danza e balletto

Danza e Balletto

La danza è tra le arti più antiche, secondo alcuni è la prima vera arte, e come queste assolve a funzioni ludiche-rituali accompagnata dalla musica. Se la danza primitiva è di tipo evocativo, simbolico, imitativo, nel modo greco si evolve sia in ambito sacro processionale, funerario, bellico, che profano, sportivo ed erotico. Solo gli aspetti esteriori entrano nella cultura romana che la osteggia, non arrivando a comprenderne l’essenza. Per i latini le uniche danze accettabili sono quelle religiose, militari e quelle eseguite dai pantomimi, mentre quelle dei mimi, degli hister (saltatori ballerini) e degli altri professionisti della scena, sono considerate esotiche e non adatte a essere ballate dai cittadini romani. Anche dopo la dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente la danza è usata come elemento rituale dai cristiani, ma è ripulita da quella estetica licenziosa del periodo pagano. La fine del Medioevo, il Rinascimento e il Barocco sono all’insegna delle grandi coreografie e trionfo delle regole di portamento, grazia e maniere tra danzatori, tanto che le corti si muniscono di una nuova figura: il teorico della danza. La fine del XVI secolo è anche l’inizio delle Accademie e di una vera e propria codifica del balletto: il ballo diventa spettacolo formale regolato da norme tecniche e i ballerini si esibiscono per il solo piacere del pubblico. La danza teatrale nell’Ottocento si evolve seguendo il brio della nuova letteratura romantica: la danzatrice viene prima della danza, come il sentimento viene prima della fredda regola. L’accademismo, logoro e stanco, lascia spazio a una nuova forma di danza libera, che è dichiarazione precisa dell’individuo del ventesimo secolo.

Silvio Sangiorgi - Galleria Parata

Parata

La parata nel mondo antico è una processione rituale (pompa) che apre sia eventi nuziali, funebri e trionfali che ludici (pompa circenses). La pompa sospende e delimita uno spazio altrimenti vietato alle prime, mentre la pompa ludica annulla il mondo dello fatica per aprire quello del piacere e lo fa servendosi della musica, della danza e del riso. Nel XIX secolo la parata del circo in un primo momento coincide con l’arrivo nel centro abitato, mentre sul finire dell’800, prima dello spettacolo della mattina, è la prima esibizione gratuita di uomini e donne in costume, animali esotici e carri dorati alla quale si può assistere per le vie principali della città. Nel XX secolo i grandi circhi itineranti si spostano insieme alla fiera e al serraglio e se nei centri più piccoli si trattiene un solo giorno, nelle grandi città vi resta anche per mesi. Per attirare l’attenzione dei visitatori della fiera, su un palco rialzato accanto al tendone, si apre la “parata d’invito” dove vengono fatte sfilare le vedette e si realizzano brevi spettacoli al fine di vendere più biglietti. Esiste anche una parata sotto il tendone e prende il nome di grand’entrata o in gergo “spec”, concepita come una mini-rivista con numeri di danza e canto con coreografie e luci teatrali.

Silvio Sangiorgi - Galleria Mimi

Mimi

Il termine mimo significa genericamente “imitare” e come gli altri tipi di rappresentazioni ha origine religiosa, dalle stesse feste dionisiache da cui sono nate la commedia e la tragedia greca (VI secolo a.C.). La parola mimo indica sia l’attore, che può essere uomo o donna, sia una rappresentazione comica minore di breve durata affine alla commedia, che un genere letterario in versi e in prosa. Il mimo per mezzo del gesto, del canto, della danza e accompagnato dalla musica rappresenta tipi, scene e passioni in maniera realistica e licenziosa. A Roma (III-II secolo a.C.) forme mimiche popolaresche, originarie o importate dalla Magna Grecia, sostituiscono l’atellana in declino. L’ammirazione da parte del popolo per questo genere di spettacolo solista, raramente di gruppo, è altissima e altrettanto successo ha il genere del pantomimo, erede della tragedia che arriva a Roma nel 22 a.C. e che significa “tutto imito”. Canto, musica e danza sono i tre elementi costitutivi di questi generi di spettacoli che diventano prevalenti e resistono alla fine della storia romana d’occidente. Nonostante le censure medievali della nuova religione cristiana e al nomadismo a cui sono costretti, il mimo e il pantomimo arrivano fino ai giorni nostri.

Silvio Sangiorgi - Galleria ammaestratori

Ammaestratori

La domesticazione e l’ammaestramento degli animali sono probabilmente iniziati nello stesso periodo che va dalla fine del Paleolitico all’inizio del Neolitico. Le finalità dell’addestramento sono varie e vanno dalla protezione, alla caccia, al lavoro agricolo fino all’intrattenimento. Il canis lupus familiaris è stato con ogni probabilità il primo ad esserlo, mentre l’ammaestramento del cavallo in Europa risale al 3.000 a.C. Da uno scritto sull’arte ippica del 430 a.C. del generale ateniese Senofonte provengono le prime norme di relazione tra cavallo e cavaliere, prescrivendo già allora un rapporto basato sul rispetto e l’armonia reciproci. L’addestramento si è evoluto nel tempo passando da metodi tradizionali cosiddetti “in ferocia”, a metodi più rispettosi detti “in dolcezza”, allo scopo di realizzare un legame positivo tra animale e ammaestratore.

Silvio Sangiorgi - Galleria Teatranti

Teatranti

Narrazioni sceniche primitive di riti propiziatori legati ai ritmi della natura o riti sociali come la nascita, il passaggio all’età adulta, il rito nuziale e la morte sono presenti nelle comunità stanziali da tempi antichissimi. Lo sciamano in stato di trance invoca una realtà altra dall’ordinario e la condivide con il pubblico anch’esso posseduto. L’azione mimica è unita a danze e musica, mentre il mascheramento appartiene a un momento storico successivo, in cui la piena coscienza di sé diventa volontà di estraniarsi da essa. Il teatro occidentale viene tradizionalmente fatto risalire al VI secolo a.C. e all’attore-poeta-nomade Tespi. Tragedie e commedie sono rappresentate durante le feste in onore del dio Dioniso e tutto il popolo è chiamato a “vedere, osservare” (dal verbo greco theaomai da cui deriva il termine teatro) il bene, il male e gli scherzi del destino. I cambiamenti sociali e culturali, come quelli religiosi, privano lo spettacolo teatrale del significato sacrale, facendolo diventare profano: un gioco, uno sberleffo. Gli spettacoli medievali sono per la maggior parte di tipo religioso, il profano viene portato avanti da mimi, pantomimi e giullari che a metà del XVI secolo si rinnovano nella Commedia dell’Arte e nella figura del saltimbanco, per poi arrivare sulla pista del circo. Il teatro contemporaneo è all’insegna dell’azione fisica, del gesto e dell’emozioni dell’attore, che diventano centrali insieme al lavoro dell’autore e del regista.

Silvio Sangiorgi - Galleria Clown

Clown

La comicità è antichissima risalendo a quei riti di purificazione praticati dagli sciamani per una collettività o per luoghi particolari. Tutte le arti performative, in maniera graduale, sono passate da rito collettivo a gioco, da necessità spirituale a rappresentazione teatrale. Dai teatri e anfiteatri la comicità si sposta in piazza e in strada; gli attori girovaghi mettono in scena in chiave satirica casi morali, letterari, politici, la vita privata dei cittadini, i vizi e i costumi del popolo. La soddisfazione o insoddisfazione dei bisogni fisici primari sono messi in scena in farse che giocano sui difetti fisici, sui tratti storpiati dei volti e da esagerate gestualità espressamente grottesche in maniera da suscitare più benevolenza che disprezzo. Sarà proprio questo approccio a creare tipi fissi in contrasto come giovane-vecchio, grasso-magro, sciocco-furbo, onesto-disonesto che stilizzandosi collegheranno gli zanni della Commedia dell’Arte da una parte e i saltimbanchi depositari delle arti di strada dall’altra, al clown del circo. Dapprima le azioni sono numeri acrobatici tradizionali con l’aggiunta di una parte comica: clown-acrobati, clown-cavallerizzi, clown-giocolieri e clown-ammaestratori. Poi nel corso dell’800 il clown diventa sempre più importante: modifica trucco e costume, inizia a dialogare con il ringmaster, i musicisti e il pubblico. Ai primi del ’900 la clownerie teatrale moderna è composta da un duo formato dal clown bianco e dall’augusto: il primo ancora legato al trucco bianco ispirato al Pierrot, serio e con costume elegante; il secondo rimane sì legato alle prime figure comiche della pista, ma il modo di reagire, di parlare e di muoversi del personaggio diventano la parte più importante del numero.

Silvio Sangiorgi - Galleria Arte Equestre

Arte Equestre

La storia dell’uomo va a cavallo e inizia con la domesticazione di questo mammifero a partire dal V millennio a.C. in Asia e dal III millennio a.C. in Europa. La selezione delle razze avviene secondo l’uso, così si incrociano e si allevano cavalli destinati alla guerra, al lavoro nei campi, al trasporto, al sostentamento e per motivi ludici. La monta, l’invenzione delle staffe (II secolo d.C.), dei finimenti e la ferratura (epoca medievale) aiutano il cavaliere nella cavalcatura e nel mantenimento in salute del cavallo. Ai fini rituali il cacciatore mostra alla società le sue abilità di controllo sull’animale, ai fini sportivi-ricreativi nei circhi e negli ippodromi gli aurighi e i cavalieri si sfidano in corse di carri prima e in tornei e caroselli medievali poi. La prima grande scuola equestre è la “scuola napolitana” fondata da Cesare Fiaschi nel ’500, dove vengono insegnati equilibri, acrobazie e figure sul dorso del cavallo; monta su cavalli danzanti; acrobazie su cavalli lanciati al galoppo. Da quest’ultima, nella seconda metà del ’700, nascono in tutta Europa luoghi precisi di spettacoli a pagamento: i Circhi equestri.